Ancora volti dalla Birmania. Questa volta, tutti di adolescenti.
Su 56 milioni di abitanti, circa 10 milioni hanno tra i 10 e i 19 anni.

Un paio di scatti riguardano un giorno di festa, una funzione religiosa all’interno della Shwedagon, la pagoda più importante del paese nel cuore della capitale.

Cerimonia alla Shwedagon Pagoda. Foto Renzo Garrone

 

Tra la folla alla Shwedagon Pagoda. Foto Renzo Garrone

Il lavoro minorile è ancora una realtà diffusa, comunissima – vedi viceversa l’immagine scattata ad Amarapura, vicino a Mandalay, dove centinaia di famiglie lavorano nel tessile a domicilio.

Lavoro minorile ad Amarapura, Mandalay. Foto Renzo Garrone

Quanto alla piccola, tenera monaca della foto: la situazione del clero femminile in Birmania è quella tipica di un paese molto povero (qualcosa di simile succedeva anche in Italia fino agli anni ‘50 e ancora nei ’60): mandando una figlia neppure adolescente come novizia in un monastero la famiglia si libera di una bocca da sfamare, la bambina ha l’opportunità di sfuggire alla povertà e di studiare in una situazione eticamente onorevole e socialmente accettabile.

Alla fermata del bus a Rangoon. Foto Renzo Garrone

Indossando le caratteristiche tonache rosa, proprie delle monache da queste parti, e rapate a zero come la bambina dell’immagine, le femmine condividono poi la stessa routine giornaliera dei maschi: sveglia all’alba, questua per il cibo che viene offerto dai fedeli a spasso per il villaggio, il centro abitato circostante, o la città, e rientro in monastero dove consumare il pasto così ottenuto. I pasti al giorno sono due, per il resto la giornata si snoda attraverso lo studio (molto), l’avviamento alle tecniche della meditazione. E certamente, attraverso il lavoro quotidiano di badare a se stesse.
A tutt’oggi però, nella Birmania del 2020, lo status sociale delle monache è ben lontano dall’equiparazione con quello dei monaci di sesso maschile: non è loro consentito prendere i voti per legge. Sono monache di serie B.